The Witch: recensione

 The Witch: recensione


Nazione
Canada

Anno
2015

Regia
Robert Eggers

Sceneggiatura
Robert Eggers

Produzione
Daniel Bekerman, Lars Knudsen, Jodi Redmond, Rodrigo Teixeira, Jay Van Hoy

Cast
Anya Taylor-Joy, Ralph Ineson, Kate Dickie, Harvey Scrimshaw, Ellie Grainger,Lucas Dawson

GIUDIZIO
4/5

New England, epoca coloniale. Una famiglia puritana decide di lasciare la comunità perchè mal visti a causa del loro credo religioso. Si trasferiscono in una fattoria abbandonata ai margini di un antico bosco. Un giorno sparisce il figlio più piccolo, ancora in fasce, forse rapito da un lupo, pensa il capofamiglia. Presto superstizione, terrore e giochi per bambini assumono una costante sotterranea frenetica e minacciosa in cui aleggia l’ombra inquietante del maligno.

The Witch è una pellicola che affronta un tema trattato tantissime volte in miriadi di pellicole (uno degli ultimi esempi è The Lords of Salem di Rob Zombie), quello delle streghe. La particolarità del lungometraggio dell’esordiente Robert Eggers è quella di affrontare l’argomento con un taglio molto autoriale. The Witch non è un horror sanguinolento, ne frenetico, ma è una lenta discesa nell’incubo attraverso una cura maniacale dei dettagli e la creazione di atmosfere sottilmente inquietanti. In tal senso il regista ha assoldato la grande costumista Linda Muir per farle realizzare a mano tutti gli abiti d’epoca. Ha fatto costruire la casa dei protagonisti coi materiali e le finiture tipiche del periodo e ha curato particolarmente la fotografia, grazie al sapiente lavoro di Jarin Blaschke, che filma gli esterni con colori lividi, a simboleggiare il posto maledetto dove va ad abitare la famiglia. Tutto l’ambiente esterno come il terreno malato dove non cresce nulla di buono e anche gli interni sono illuminati utilizzando esclusivamente la luce naturale, soluzione già utilizzata molti anni prima da Stanley Kubrick in Barry Lindon. Il regista ha anche usato veri animali, addestrati a comportarsi in modo anomalo, quindi senza senza ricorrere al CGI. Questo sforzo produttivo ha dato al film il taglio di un’opera d’arte sopraffina. Ogni forogramma è un quadro perfetto dell’epoca in cui è ambientato il film.
Il film di Eggers, quindi è un’opera suggestiva, che non mira a provocare salti sulla sedia allo spettatore, ma riesce a instillare uno stato di disagio  via via sempre più forte man mano che gli eventi si susseguono. Le suggestioni che certe scene riescono a evocare, anche con piccoli colpi di genio nel montaggio, (le pulsioni sessuali adolescenziali, i turbamenti psicologici dei protagonisti, i dubbi sulla natura maligna degli eventi) sono la sua cifra stilistica. I personaggi sono ben delineati: il padre, William, ben presto capisce di aver sbagliato nello sradicare la famiglia dalla comunità d’appartenenza e viene colto da un senso di colpa opprimente, oltretutto è inetto come cacciatore, come agricoltore e come autorità familiare; tenta sinceramente di tenere insieme la famiglia ma è impotente di fronte alle forze irrazionali che la stessa fede malata ha innescato nei loro membri. Thomasin, la figlia maggiore, sta diventando donna, è inquieta, è bella, quindi facile pensare a lei come a una strega. La madre, disperata dopo la scomparsa dell’ultimo bimbo, accusa il marito di essere un inetto e in più vorrebbe togliere Thomasin di mezzo, addossandole la colpa di tutte le disgrazie che accadono loro. I due gemelli (i personaggi più inquietanti del film a parer mio) si comportano in modo molto strano, ridendo ripetutamente in facci a a Thomasin che viene da loro accusata di essere in combutta col maligno. Il fratello, Caleb, vorrebbe aiutare Thomasin, per la quale nutre un velato desiderio sessuale, ed è protagonista di una delle scene più forti del film. Gli attori che interpretano i membri di questa famiglia allo sbando sono a dir poco eccezionali. E le steghe? Direte voi. Questo non voglio rivelarlo, lasciandovi nel dubbio. E’ tutto frutto di una psicosi familiare o il Diavolo (o Black Philip che dir si voglia) ci ha messo davvero lo zampino?  Vi invito a vedere questo piccolo gioiello visivo, per farvi una vostra opinione, avvisandovi però di stare attenti a non farvi suggestionare troppo.

©Sergio Di Girolamo