Alyce: Recensione

 Alyce: Recensione

Nazione
USA
Anno
2011

Regia
Jay Lee
Sceneggiatura
Jay Lee
Produzione
Zak Kilberg
Cast
Jade Dornfeld, Tamara Feldman, James Duval, Eddie Rouse,

GIUDIZIO
2.5/5

In preda a una crisi depressiva dopo essere stata lasciata al suo ragazzo Alyce fa accidentalmente cadere la sua migliore amica da un tetto. La ragazza, perseguitata dal senso di colpa, inizia un devastante percorso autodistruttivo fatto di droga sesso e assurda violenza contro chiunque si metta sul suo cammino.

Alyce è un film nichilista, è il grido di un essere umano che urla vendetta contro la società marcia che la circonda. Una società priva di valori, dove vige la più totale indifferenza verso chi soffre. Alyce è una ragazza fragile, considerata solo per il suo aspetto fisico dagli uomini bifolchi e affamati di sesso, bistrattata sul luogo di lavoro da una superiore inflessibile ed arrogante, l’unico conforto le viene dal rapporto con la sua migliore amica che non è proprio una santa e insieme alla quale una notte si da alla pazza gioia tra droghe alcool e accenni lesbo. Un rapporto quindi morboso tra le due che si interrompe a causa di un tragico episodio nel quale l’amica di Alyce precipita dal tetto di un palazzo (ma forse è proprio Alyce che la spinge?) e finisce in ospedale sfigurata e con tutte le ossa rotte. Da quel momento per la ragazza inizia una discesa negli inferi del suo profondo io dove fa emergere rabbia e frustrazione e viene liberato ogni freno inibitorio. Così lei prova tutti i tipi di droga che le fornisce uno spacciatore con cui instaura anche una storia di sesso sporco (anche per poter ottenere la droga) si fa più sboccata e trasgressiva fino a quando i sensi di colpa non la spingono verso l’orrore più grande: l’omicidio. Armata di mazza, coltelli, seghe, trapani e chi più ne ha più ne metta, Alyce sfoga la sua rabbia sulle persone che l’hanno fatta soffrire e lo fa squartando, amputando, distruggendo letteralmente i corpi dei malcapitati come farebbe il più scafato dei serial killer. L’unica che risparmia è, paradossalmente, l’odiosa collega di lavoro nella quale Alyce riconosce i suoi stessi sensi di vuoto a causa dell’indifferenza del prossimo. Il film è un bella riflessione esistenzialista su quanto sia difficile vivere in una società sempre più antisociale egoista e dominata dai piaceri più immediati. Il regista, già autore del divertente Zombie Strippers, divide il film in due parti. La prima è più lenta e riflessiva la seconda esplode in scene feroci dominate dallo splatter e dal gore più estremo. Forse è proprio questa parte che, in un certo senso, rovina l’equilibrio del film fino a quel momento molto intimista e d’autore (in fin dei conti avrebbe potuto raggiungere il suo scopo anche senza dover scomodare troppo gli addetti agli effetti speciali) ma, certo, per gli amanti delle scene “forti” è sicuramente una goduria per gli occhi.

©Sergio Di Girolamo