These final hours: Recensione
- Cinema Cinema Fantascienza
- 11 Aprile 2022
- 0
- 894
Nazione: Australia
Anno: 2013
Regia
Zak Hilditch
Sceneggiatura
Zak Hilditch
Produzione
Liz Kearney,8th In Line,
XYZ Films
Cast
Nathan Phillips,Angourie Rice, Marie Bos, Jessica De Gouw, Daniel Henshall
Mancano circa dodici ore alla fine del mondo a causa di un meteorite che si è scontrato con la Terra nel Nord Atlantico. A Perth, in Australia, James e la sua amante Zoe fanno sesso per l’ultima volta nella sua casa al mare, dove lei gli rivela di essere incinta. Frastornato dalla notizia inattesa James lascia la ragazza per partecipare ad una festa dove alcool e droghe aiutano a non pensare alla fine imminnente. Durante il tragitto James salva una bambina di nome Rose dalle grinfie di due stupratori. La bambina spiega di essere stata separata da suo padre mentre si recavano da sua zia a Roleystone e vorrebbe riabbracciarlo. Inizierà per il protagonista un viaggio fisico e interiore che lo porterà a scoprire dentro di sè una grande umanità.
La trama è intrisa di forti sentimenti e capace di incollare lo spettatore allo schermo e di suscitare forti emozioni.
L’esperienza vissuta dal protagonista è comune a ognuno di noi, o almeno, alla maggior parte di noi: trascinarci stancamente le giornate, le ore, i minuti, come se avessimo poi in qualche modo un tempo per recuperare, come se questo tempo ci fosse dovuto dalla vita…e poi rimandare le scelte o farne di sbagliate, non curarci della gente che incontriamo, che entra a far parte della nostra esistenza, ferirla, abbandonarla e pensare, ancora una volta, che ci sarà tempo per recuperare gli sbagli, le noncuranze, le vigliaccate; un tempo per chiedere scusa, perdono, per assumersi le proprie responsabilità, far chiarezza dentro di sé, per capire di amare, per capire cosa e soprattutto chi veramente conta, quali sono le persone che occupano un posto speciale nel nostro cuore. Rinviare…procedere per inerzia seguendo l’abitudine, i vizi, le comodità, l’orgoglio; si tutto questo può essere normale, fino a che non scopri che mancano solo poche ore alla fine di tutto, al compimento di un destino individuale e planetario inesorabile, alla conflagrazione del Pianeta, che disintegrerà ogni cosa e ogni persona, compreso James, il protagonista di questa pellicola e le persone che egli ha conosciuto, amato e soprattutto abbandonato proprio quando avevano più bisogno di lui… Di fronte alla drammaticità e fatalità di questo evento il regista presenta un ventaglio di reazioni possibili: la disperazione che conduce al suicidio, l’ubriachezza e lo sballo di chi vuole stordirsi al punto di non pensare più alla morte imminente, la liberazione degli istinti più bassi nella certezza che non ci sarà un punizione al male commesso, e poi, in antitesi a tutto ciò, il viaggio straordinario ed emozionante del protagonista, che, l’evidenza della morte e delle sue conseguenze, paradossalmente, conduce al centro della vita, al centro di se stesso e alle verità più profonde del proprio essere e dei propri sentimenti. Grazie al rapporto profondo e paterno con la piccola Rose, egli capisce pian piano e non senza fatica quali sono le priorità della sua vita; la verità si schiude con sempre maggiore evidenza man mano che avanza il tempo e si avvicina la fine; la consapevolezza che le azioni compiute in quel lasso di tempo saranno le ultime azioni della propria vita lo porta a scoprire in sè uno spessore umano e una gamma di valori che non avrebbe mai pensato appartenergli, primo fra tutti il sentimento paterno. Alla luce di questo pieno disvelamento della propria identità la morte è come depotenziata della sua carica distruttiva e angosciante; essa assume semmai la forma di un compimento necessario, e direi sereno, del proprio destino, che non lascia spazio a pentimenti, rimpianti o zone d’ombra perché in quel poco tempo si è compiuto il destino di tutta una vita. I protagonisti sono ora liberi, cristallini, oserei dire quasi felici, perché non hanno mai vissuto così intensamente e in maniera così autentica prima che la fine li mettesse faccia a faccia con se stessi, li conducesse all’origine, con quella chiarezza e semplicità disarmante che solo le cose definitive sanno mostrarci.
©Rosanna Ragi