La corta notte delle bambole di vetro: Recensione

 La corta notte delle bambole di vetro: Recensione

Nazione
Germania Ovest, Italia, Jugoslavia

Anno
1971

Regia
 Aldo Lado
Sceneggiatura
  Aldo Lado
Produzione
Enzo Doria (Produttore), Dieter Geissler (Produttore), Luciano Volpato (Produttore esecutivo)
Cast
 Ingrid Thulin, Jean Sorel, Mario Adorf, Barbara Bach

GIUDIZIO
4/5

Gregory Moore, giornalista americano in trasferta a Praga, viene trovato morto e portato in obitorio. Lì il suo corpo attende di essere sottoposto all’autopsia. Ma l’uomo non è morto. Precipitato in uno stato catatonico, egli è  consapevole di quello che gli sta succedendo ma impossibilitato a  comunicarlo. Così ritorna con la mente alle ore precedenti alla morte apparente, sperando che i suoi pensieri trovino presto il modo per essere espressi a parole prima che il bisturi faccia il suo sporco lavoro…

Ci sono pellicole ammantate da un’aura maledetta, in grado di immergere lo spettatore nella storia  in modo viscerale. Questo grazie a un miscuglio di cose ben fatte: l’ambientazione, la musica, i tempi del montaggio e, ovviamente, la storia. Nel caso di questa pellicola, l’ambientazione in quel di Praga (ma anche alcune zone di Zagabria fatte passare per la città polacca) è sfruttata molto bene dal regista, e contribuisce a creare quella sorta di pathos magico che pervade gli eventi. Già dai primi minuti del film, a partire dai titoli di testa fino al ritrovamento del “semicadavere” del protagonista, la camera montata su un mezzo a quattro ruote (che si capisce subito essere un’ambulanza), ci permette di viaggiare dentro la città, nelle sue arcane vie, attraverso le sue misteriose stradine, in un dedalo metropolitano che ci introduce dentro  l’intricato ingranaggio di una torbida storia fatta di misteri inesplicabili. Chiaramente ad accentuare questo clima di disagio vi è una musica abbastanza inquietante e ipnotica. Questo è solo il punto di partenza, poi ovviamente arrivano altri colpi riusciti di un Aldo Lado (qui al suo primo lungometraggio), che ha realizzato in carriera pochi film ma tutti di gran classe. Probabilmente egli è uno degli autori italiani del periodo d’oro del nostro cinema ad aver ricevuto poco dalla critica rispetto a quello che meritava e merita anche oggi (il suo ultimo film è l’interessante Il Notturno di Chopin del 2012). Tornando alla storia siamo dalle parti degli intrighi e segreti alla Rosemary’s baby di Roman Polanski; vi è una ragazza che scompare misteriosamente e il giornalista e suo fidanzato, interpretato da un bravo Jean Sorel, indaga per le vie della città polacca al fine di ritrovarla. Nel frattempo altri delitti vengono commessi ai danni di altrettante giovani ragazze, trovate morte misteriosamente. Tutto porta a un singolare club denominato Club 99 dove gli atteggiamenti ambigui di strani personaggi, membri dell’associazione, sembrano essere elementi determinanti per la risoluzione del caso. Coinvolgenti sono i primi piani e molte movimenti di macchina che Aldo Lado gira con mano sicura, soprattutto nelle sequenze girate in interni. Non manca un certa dose di sensualità affidata alle due protagonisti femminili (in particolare Barbara Bach dall’intrigante sguardo felino) e infine delle citazioni colte direttamente dai deliri immondi di  H,P.Lovecraft.
Ho già detto molto su questo gioiellino della cinematografia di genere italiana. Per tanti è considerato uno dei primi cinque più begli  horror realizzati nel nostro paese. Sicuramente La corta notte delle bambole di vetro è un film che non vi annoierà e vi terrà incollati alla poltrona fino allo sconvolgente finale.

© Sergio Di Girolamo

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