L’occhio del male: Recensione

 L’occhio del male: Recensione

Nazione: Usa

Anno: 1985

Autore: Stephen King

Casa editrice: Sperling & Kupfer 

Traduttore: F.Brera

GIUDIZIO
3.5/5

William Halleck è un noto avvocato, sposato e con una figlia. Tra alti e bassi la sua vita scorre tranquilla fino a quando una notte investe con la sua auto una vecchia zingara, uccidendola. Grazie alle sue conoscenze nell’ambiente giudiziario, e alle discriminazioni della comunità locale verso gli zingari, Billy viene assolto, ma uscito dal tribunale viene “toccato” da un vecchio zingaro che gli lancia una terribile fattura.

Quando King decise di creare Richard Bachman intendeva fare un esperimento nel quale testare cosa significava scrivere e pubblicare delle opere senza il remunerativo e rassicurante marchio King. Intendeva capire se la gente si era fatta dei preconcetti relativi ai suoi libri. In più poteva tentare anche delle soluzioni narrative diverse e proporre delle storie che non fossero proprio kinghiane. L’occhio del male è tra i libri targati Bachman il migliore perchè, appunto, il Re osa e lo fa scrivendo una storia molto intensa che non concede tregua al lettore e con un finale che è più taglietne del rasoio di un serial killer. Il protagonista, l’avvocato Billy Halleck, è un omone che supera i cento chili di peso e che conduce una vita grigia, soprattutto per i non troppo idilliaci rapporti con la moglie Heidi. Dopo l’incidente (causato da una distrazione a seguito di una fellatio, inopportunamente, eseguita da Heidi) la coppia tenta di ravvivare il rapporto passando un week end in una baita, nel quale Billy è solo apparentemente felice dato che continua a balzargli alla mente la parola che il vecchio zingaro pronunziò toccandolo tempo dopo l’incidente: Dimagra. Quella parola si trasforma subito in un fatto concreto. Billy comincia a perdere peso inspiegabilmente. Può ingurgitare di tutto ma il suo corpo non assimila nulla, governato dalla soluzione dimagrante fornitagli dalla maledizione. Da quel momento in poi Billy cade in una spirale di paranoia e orrore che, inevitabilmente, lo allontana dalla famiglia e soprattutto dalla moglie, “colpevole” di aver provocato l’incidente. Billy sente di lottare da solo con un male inconcepibile ma non si arrende e vuole cercare di togliere la maledizione ritrovando il vecchio e la comunità di zingari che, sistematicamente, vengono cacciati da una città all’altra. Inizia così un viaggio on the road contro il tempo e i chili per la salvezza. Il libro cerca di affrontare il tema delle responsabilità, di chi è o non è colpevole in una società nella quale l’indifferenza e le discriminazioni sono luoghi comuni. Alla fine non è facile distinguere tra buoni e cattivi e King sembra voler indicare che tutti, in un modo o nell’altro, siamo colpevoli. Di conseguenza il finale sembra voler mettere in chiaro questo concetto e lo fa in un modo crudo che per il lettore rappresenta un bel pugno nello stomaco; ma questo è il King/Bachman, cinico e diretto. Per quanto concerne l’aspetto tecnico, il libro è ben scritto e praticamente non annoia mai, neanche nella parte centrale nella quale compare Richard Ginelli un mafioso alla “Rambo”, personaggio  forse un pò forzato come ma in fondo utile per dare maggiore azione alla storia. In definitiva lo consiglio vivamente a tutti coloro che apprezzano King e soprattutto la sua “metà oscura” Richard Bachman.

©Sergio Di Girolamo

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