John Carpenter’s Lost Themes: Recensione

 John Carpenter’s Lost Themes: Recensione

Nazione: Usa

Anno: 2015

Band: John Carpenter

Durata
47min 53sec

Brani
Vortex
Obsidian
Fallen
Domain
Mystery
Abyss
Wraith
Purgatory
Night

“Primo o poi avrebbe dovuto farlo”, questo è il pensiero che mi è venuto in mente quando ho saputo che uno dei più grandi registi di genere fantahorror della storia aveva deciso di pubblicare un disco. Si perchè John Carpenter, per chi non lo sapesse, è l’autore di quasi tutte le colonne sonore dei suoi splendidi film. Musiche spesso minimaliste, poche note, pochi accordi, qualche effetto ma messi insieme il mix risulta sempre geniale e congeniale alla trama del film. Per farsi un’idea basta ascoltare il soundtrack di 1997 Fuga da New York.
Ma veniamo a questo disco. In realtà non è la prima pubblicazione ufficiale da parte di Carpenter, nel 2003 il nostro aveva già dato alle stampe la colonna sonora del film Distretto 13 le brigate della morte, ma in quel caso erano musiche già  nate col film. Nel caso di Lost Themes invece sono brani inediti alcuni composti per l’occasione altri probabilmente nel cassetto del regista in attesa magari di essere inseriti in nuovi progetti cinematografici. Si parte con Vortex dove lo stile Carpenter è riconoscibilissimo, certamente grazie anche ai giri di basso synth che richiamano proprio 1997. Si continua con Obsidian brano misterioso che parte con un giro di tastiera alla Goblin per poi evolvere in un ritmo rock elettronico evocatore di paesaggi sonori da scenari apocalittici. Lo stesso si può dire di Fallen pezzo condito da incessanti giri di basso elettronico e  tastiere synth molto evocative. Domain è rock allo stato puro, nel pezzo non avrebbe sfigurato una parte cantata ma ovviamente non è questo l’intento dell’autore. Mistery è un’altra perla, pezzo che richiama nuovamente il sound dei nostri Goblin. Abyss è un cavalcata oscura e affascinante dove le dita del regista si muovono abili e veloci tra i tasti di un incessante giro  su più scale. Wraith è certamente il pezzo più elettronico con spruzzate  new age mentre la chitarra suonata dal figlio dello stesso Carpenter(così come in tutti gli altri pezzi) dona quel gusto rock sempre presente nell’intera opera. Purgatory è un altro pezzo che parte atmosferico e poi vira verso un ritmo cadenzato. Night ritorna al Carpenter più classico, quello degli incessanti bassi synth. Pezzo poco movimentato ma evocativo e degna chiusura di un disco sublime. Un disco che non dobbiamo dimenticarlo è stato composto da un signore di 78 anni che ancora con la sua arte riesce a sorprenderci e a conquistarci. Ci auguriamo che questa freschezza realizzativa si sposti ancora una volta nell’universo della settima arte. Noi siamo in spasmodica attesa…

© Sergio Di Girolamo

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