Hardware: Recensione

 Hardware: Recensione

Nazione: Sud Africa/Inghilterra

Anno: 1990

Regia
Richard Stanley
Sceneggiatura
Richard Stanley, Steve MacManus, Kevin O’Neill
Produzione
Ray Corbett, Nik Powell
Cast
Dylan McDermott, John Lynch, Iggy Pop, Stacey Travis

GIUDIZIO
3/5

In un futuro post apocalittico nel quale malattie radioattive e violenza hanno decimato gran parte della popolazione mondiale un ex militare acquista da un contrabbandiere i resti di un cyborg chiamato Mark 13 e ne fa dono alla sua ragazza scultrice. Il cyborg però ha la qualità di autorigenerarsi ed è stato costruito  dal governo per eliminare le nascite non programmate sulla popolazione. Da quel momento in poi la ragazza dovrà vedersela all’interno del suo appartamento con un macchina infernale che non si fermerà dinanzi a nulla pur di uccidere.

Ci sono film che entrano di diritto nella storia del cinema per la loro innegabile influenza su un genere. Nel caso di Hardware il genere in questione è il cyberpunk, nome che deriva da cibernetica e punk e che fu originariamente coniato da Bruce Bethke come titolo per il suo racconto Cyberpunk, pubblicato nel 1983, che mette in risalto una miscela tra le scienze avanzate, come l’information technology e la cibernetica, unite a un certo grado di ribellione o cambiamento sociale. Insieme a Tetsuo del giapponese Shinya Tsukamoto, Hardware può essere considerato il manifesto occidentale del genere portato al cinema. Il film però ha diversi altri pregi. Una fotografia bellissima dai toni caldi, inquadrature in stile comics molto evocative, la creazione di scenari futuristico decadenti che non hanno nulla da invidiare a capisaldi del calibro di Blade Runner e degli effetti speciali molto ben fatti ( nel 1991 la pellicola vinse proprio il premio per gli effetti speciali all’Avoriaz Fantastic Film Festival), il tutto sfruttando un budget irrisorio. E lì sta la bravura del genio dietro al progetto, quel Richard Stanley (così bravo e sfortunato nella sua carriera cinematografica), amante viscerale del cinema diDario Argento e dei b movie italiani che, facendo dono della fantasia proprio degli artigiani del cinema di genere made in Italy, è riuscito nell’intento di ammantare una pellicola, fatta con poco, di un’aura magica che sembra richiamare progetti di più ampia fattura (appunto Blade Runner). In più il regista ha inserito delle classiche scene horror sullo stile degli slasher con tanto di splatter filtrate perfettamente fuse con l’estetica fantascientifica. Mark 13, il cyborg letale è, in fondo, un clone in metallo e cavi elettrici di personaggi come Michael MyersoJason Vorheesche non si ferma dinanzi a nulla pur di uccidere e rinasce sempre sul più bello. Quindi Hardware è anche un film profondamente legato alla cultura horror anche se personalmente le cose che apprezzo di più in questa pellicola,  sono ggli scenari, specialmente quelli nel deserto girati in Sud Africa, terra di origine del regista. Gli attori sono tutti molto bravi, la protagonista femminile è di una bellezza mozzafiato e tra le comparse ci sono anche due rock star di rango quali Iggy Pop e Lemmy dei Motorhead, del resto la musica, altra componente fondamentale della pellicola e molto rockeggiante e perfetta per accompagnare i deliri visivi del film. La storia è tratta dal raccontoShok! di Steve McManus e Kevin O’Neill che Stanley ha sceneggiato inserendovi molte idee personali. Che dire di più di un film quasi perfetto: se il regista avesse avuto un budget più alto probabilmente Hardware si troverebbe in cima ai migliori film di fantascienza di sempre.

©Sergio Di Girolamo