Diabolik: Recensione

 Diabolik: Recensione

Nazione
Italia

Anno
2021

Regia
Manetti Bros
Sceneggiaura
Manetti Bros., Michelangelo La Neve
Produzione
Carlo Macchitella, Manetti Bros.
Cast
Luca Marinelli, Miriam Leone, Valerio Mastrandrea

GIUDIZIO
2.5/5

Diabolik, misterioso e inafferrabile ladro di Clerville continua a ingannare la polizia e il suo commissario capo, Ginko. Tra inseguimenti travestimenti e intrighi, il genio del male incontra per la prima volta l’ambigua ereditiera Eva Kant per la quale perde la testa.

C’erano grandi aspettative su questo secondo film dedicato al genio del male Diabolik (il primo era stato diretto negli anni sessanta da Mario Bava) ma purtroppo queste sono state, a mio parere, quasi del tutto deluse. Partiamo dalla nota dolente: la recitazione. Ok, è un film tratto da un fumetto, si potrebbe pensare che non ci si debba necessariamente aspettare un taglio recitativo di grande livello, ma qui ci troviamo di fronte a una prova indecente, roba da fiction tv e di quelle peggiori per altro. Se ci mettiamo delle inflessioni dialettali piuttosto marcate non possiamo che stendere un velo pietoso. Si salva un poco Miriam Leone, ma è molto probabile che dipenda dal suo phisique du role, per me azzeccato per incarnare Eva Kant, che stordisce di certo lo spettatore. Luca Marinelli, che è considerato uno degli attori più interessanti del nostro cinema, lo trovato pessimo, non solo a livello recitativo, troppo monocorde la sua prova, ma anche il suo volto (a parte un pò  il taglio degli occhi) che non ha, secondo me, i lineamenti adatti e “fumettistici” del personaggio creato dalle sorelle Giussani. Anche Valerio Mastrandrea è poco carismatico nel dare vita all’acerrimo rivale di Diabolik, Ginko. Gli altri attori veramente pessimi. L’altro aspetto che non mi ha convinto è stata la mancanza di scene d’azione. Diabolik è un personaggio che fa delle cose incredibili, non è solo un criminale geniale e intelligentissimo, ma ha anche un sua prestanza fisica (che Marinelli non ha) e nel fumetto vediamo spesso il personaggio impegnato in prove di forza non indifferenti tra colpi di arti marziali, balzi felini, e così via. E dire che il film inizia con un inseguimento automobilistico che faceva ben sperare… Altra pecca è la fotografia e l’aspetto visivo generale troppo patinato e pulito, come detto, ci fa pensare di star vedendo una puntata di Montalbano o di Don Matteo. Tuttavia la fotografia non è sempre da cassare, in alcune sequenze notturne mi ha, tutto sommato, convinto. Ma è tutto da buttare allora? No, perché si può comunque  elogiare lo studio del personaggio che, al netto di tutte le problematiche di cui sopra, si avvicina molto al fumetto, probabilmente di più rispetto al film di Bava, che era di certo più vicino alla cultura della pop art di quegli anni, film di certo più colorato rispetto al taglio, giustamente, cupo della pellicola dei Manetti. Un elogio va dato anche nella ricerca di inquadrature fumettistiche attraverso delle riprese veramente interessanti e, non ultimo, anche il tentativo, direi riuscito, di ricreare l’atmosfera anni cinquanta e la città di Clerville, attraverso scenari “camuffati” sul suolo italiano grazie anche ai costumi e agli oggetti d’epoca, non ultime le auto, soprattutto la Jaguar nera del protagonista. Per quanto concerne le musiche sono senza infamia ne lode, anche se il pezzo di Manuel Agnelli, La profondità degli abissi, si aggiudica un David di Donatello, nonostante durante le sequenze si senta solo per pochi secondi  (e per intero nei titoli di coda). Che dire infine. Sia Bava che i Manetti non sono riusciti, secondo me, a omaggiare come si dovrebbe uno dei personaggi più importanti del fumetto italiano. Spero che in futuro ci riprovi qualcun altro magari più ispirato, anche se, aimè, è notizia dell’ultima ora che i Manetti stiano girando addirittura il numero due e il numero tre… incrociamo le dita.

© Sergio Di Girolamo