Bones and all: Recensione

 Bones and all: Recensione

Nazione
Italia/USA

Anno
2022

Regia
Luca Guadagnino

Sceneggiatura
David Kajganich

Produzione
Metro-Goldwyn-Mayer

Cast
Taylor Russell, Timothée Chalamet, Mark Rylance, Michael Stuhlbarg, Jessica Harper, David Gordon Green

GIUDIZIO
4/5

Virginia 1988, Maren Yearly, una ragazza di colore appena diciottenne, una notte sgattaiola fuori di casa per partecipare a un pigiama party con le sue compagne di classe. La serata sembra scorrere tranquilla fino a quando Maren non addenta il dito di una delle ragazza, recidendolo parzialmente. La cosa avrà delle conseguenze. Tornata a casa, dove la ragazza vive col  padre  (non avendo mai conosciuto sua madre)  dovrà fuggire insieme a lui  prima che si diffonda la notizia e arrivi la polizia. Scopriamo presto che questa cosa è già successa  altre volte, ma per l’uomo quest’ultimo episodio rappresenta il punto di non ritorno. Dopo essersi infatti trasferiti velocemente nel Maryland, una mattina egli abbandona la figlia lasciandole un nastro registrato nella quale spiega perché ha deciso di prendere questa decisione. Il motivo è presto detto. La ragazza è nata con una vorace fame di carne umana che ha dimostrato di avere  fin da piccola, e lui l’ha dovuta proteggere per evitare il peggio. Maren si ritrova di colpo da sola, con un esiguo mazzo di banconote in mano, e con un certificato di nascita in cui figura il nome della madre. Decide così di mettersi in viaggio alla sua ricerca. 

Il settimo lungometraggio di Luca Guadagnino è un film destabilizzante. Capace di scatenare emozioni diverse nello spettatore. E così già dalla prima sequenza, in cui la tenera e disadattata Maren, viene generosamente invitata da una sua amica a entrare nel gruppo delle compagne di scuola, le da un’opportunità d’inclusione, un bel gesto, che farebbe preludere al meglio per il futuro della povera ragazza, ma a cui fa da contraltare una delle scene più disturbanti del film: Maren, invitata a valutare il nuovo smalto acquistato dall’amica, viene attratta famelicamente dal dito di lei che addenta in modo appassionato, quasi strappandolo. E’ un pugno nello stomaco dello spettatore. Da lì in poi inizia il dramma di questa dolce, innocente e bellissima ragazza, che fugge alla ricerca di risposte. Lei non vorrebbe uccidere, non vorrebbe cibarsi di carne umana ma, attraverso le confessioni postume del padre, scopre che è sempre stato così e che non c’è nulla da fare. Durante il suo peregrinare nell’entroterra degli Stati Uniti, attraversando città anonime e luoghi desolati, Maren scopre di non essere la sola ad avere questa “fame irrefrenabile”. Glielo spiega Sally, un vecchio uomo che la istruisce a riconoscere i propri simili attraverso l’olfatto. Lui ospita la giovane ragazza, la invita a mangiare il corpo di una donna anziana ormai morente (le spiega che negli anni, ha sviluppato il suo olfatto anche per riconoscere i soggetti vicini alla fine, così da evitare di uccidere), ma Maren capisce che l’uomo cova verso di lei un sentimento morboso, una pericolosa attrazione che la spinge a fuggire.  Giorni dopo incontra Lee, un ragazzo che ha il suo stesso vizio. Inizialmente Lee vorrebbe evitare la ragazza, per paura delle conseguenze di una loro unione, in realtà il ragazzo si è già innamorato di lei al primo sguardo. I due decidono quindi di attraversare l’America, diretti alla città in cui si trova la madre di Maren. Il loro è un viaggio caratterizzato da un profondo sentimento d’amore e irrefrenabile fame di carne umana. Il film, come detto prima, crea un mix eversivo di emozioni (del resto è etichettato sia come Horror che come Romantico). Siamo conquistati dalla tenera storia d’amore tra i due, anime sole, in continuo peregrinare data la loro “maledizione”, un pò come se fossero dei vampiri, costretti a nascondersi alla società degli uomini cosiddetti “normali”. Ma siamo anche scioccati dalla crudezza delle immagini, da quei gesti cannibalici che i due devono necessariamente compiere per placare, come dicono essi stessi “quel fuoco dentro” che alimenta una fame irrefrenabile. Maren, in realtà, vorrebbe trovare una soluzione, vorrebbe evitare di uccidere, trovare una spiegazione, una cura, Lee, invece, è ormai consapevole che non c’è nessuna speranza, anzi uccide le sue vittime senza farsi troppi problemi. Questo fino a quando la dolcezza di Maren, e il suo amore verso di lei non lo spingono a sforzarsi di resistere, di allungare quei periodi di astinenza, trovando ristoro in una vita pseudo normale: “viviamo un pò come tutti gli altri per un pò” dice a un certo punto Maren. Il film è anche un bel road movie nell’entroterra statunitense. I due attraversano stati come l’Ohio, il Kentucky, L’illinois verso il Minnesota, dove Maren deve incontrare sua madre. Guadagnino ci accompagna in questo viaggio romantico e fatale, attraverso delle immagini di rara bellezza e una musica evocativa che va dai Kiss ai  Joy Division fino a Trent Reznor, autore delle colonna sonora. Bones and all  è un opera spiazzante, coraggiosa, vera, che vuole osare cercando anche spunti interessanti e originali rispetto ai soliti “cannibal movie”. Del resto il regista palermitano ha dimostrato negli ultimi anni di saper realizzare pellicole importanti, cariche di contenuti a tinte forti, attraverso uno stile visivo sontuoso. Basti citare il remake di Suspiria che tanto ha scandalizzato i fan argentiani della prima ora, ma che per me è una vera e propria opera d’arte. In Bones and all, titolo che sarà compreso nell’ultima bellissima sequenza, a mio modesto parere, funziona tutto. E’ un film che tocca corde profonde, che siano quelle del sentimento più puro o del ribrezzo e della paura, attraverso un montaggio perfetto, un’ambientazione e musica evocativi e, non ultimo, degli attori bravissimi. A cominciare dalla protagonista, Taylor Russell, brava e bella, tanto da aggiudicarsi il premio come miglior interprete femminile al festival di Cannes, all’affascinante Timothée Chalamet, e all’inquietante, è il caso di dirlo, Mark Rylance che interpreta il perfido Sally; camei di Jessica Harper, attrice di “suspiriana” memoria e del regista David Gordon Green. Oltre al riconoscimento alla giovane attrice protagonista, la giuria del festival di Cannes ha premiato anche Luca Guadagnino come miglior regista, a dimostrazione del fatto che è un artista ormai entrato nell’olimpo dei grandi registi che, sono sicuro, ci regalerà in futuro altri film molto interessanti.  

Sergio Di Girolamo