31: recensione
- Cinema Cinema Horror News
- 24 Settembre 2024
- 0
- 2599
Nazione
USA
Anno
2016
Regia
Rob Zombie
Sceneggiatura
Rob Zombie
Produzione
Bow and Arrow Entertainment, PalmStar Media, Protagonist Pictures, Spectacle Entertainment Group, Windy Hill Pictures.
Cast
Sheri Moon Zombie, Jeff Daniel, Phillips Lawrence, Hilton-Jacobs, Meg Foster Kevin Jackson, Malcolm McDowell
1 ottobre 1976. Tra le lande desolate e le sterpaglie aride del Texas, un gruppo di intrattenitori ambulanti viene rapito da un’associazione composta da tre potenti e ricchi signori, col desiderio di coinvolgere i mal capitati in un gioco mortale che terminerà alle prime luci dell’alba.
Il re del cinema exploitation del ventunesimo secolo, così definirei Rob Zombie. Il suo cinema fatto di sangue, sesso, budella e un’assortita galleria di mostri umani e meno umani ormai fa scuola. Ne è passato di tempo dal fortunato esordio con La Casa dei mille corpie Rob l’ha sfruttato molto bene. Ormai è innegabile: Rob Zombie è un cineasta vero che nulla ha da invidiare ad altri mostri sacri di un certo cinema grindhouse e sto parlando ovviamente di Robert Rodriguez e Quentin Tarantino. Ma Rob Zombie ha dalla sua anche una grande preparazione musicale, campo in cui non ha più nulla da dimostrare dopo una carriera di quasi vent’anni e diversi dischi eccezionali. Fatta questa premessa è l’ora di divertirci e salire sul baraccone di 31. Lì se ne vedono delle belle, o di brutte, che dir si voglia. Certamente se la vedono così i malcapitati, protagonisti di un gioco al massacro a cui sono sottoposti per dodici interminabili ore. Il tempo, è il caso di dirlo, è di vitale importanza, e devono gestirlo al meglio se non voglio finire nelle grinfie di avversari che più sgangherati e perversi non si può. Tra i questi troviamo un nano nazista dal coltello facile, clown sanguinari armati di motosega, una coppia di fidanzati bramosi di carne e sangue, ricconi travestiti da nobili del settecento col gusto per un certo tipo di spettacolo e tanto altro. Ma soprattutto c’è lui Doom Head il più spietato di tutti, un personaggio cosi carismatico (interpretato magistralmente dall’attore Richard Brake) che, sono pronto a scommetterci, rivedremo in qualche altra pellicola del nostro. Per farvi un’idea sul tizio in questione vi basti sapere che ama copulare guardandosi in tv il Nosferatu di Murnau. Sangue chiama sangue e i membri del gruppo di artisti ambulanti dovranno trasformarsi gioco forza in spietati carnefici per poter sopravvivere. Tra questi Charly, interpretata dalla splendida Sheri Moon moglie del regista. Quest’ultimo, come al solito, si diverte da matti e utilizza la macchina da presa come fosse un giocattolo nella mani di un bambino eccitato, dando vita a sequenze vorticose in scene dal taglio fumettistico e messe insieme da un montaggio eccezionale. La fotografia, come nello stile di Zombie, è piuttosto vintage e dai colori acidi, ripresi direttamente dagli anni settanta. La musica, neanche a dirlo, è rock granitico e coinvolgente. Pochi appunti si possono fare a un film che è uno spasso e dove un piccolo appunto probabilmente si può fare sulla trama, non certo originalissima, perché pesca a piene mani da una pellicola piuttosto simile e molto famosa negli anni ottanta: quel cult dal titolo The Running Man (in italia L’implacabile) di Paul Glaser con Arnold schwarzenegger.
© Sergio Di Girolamo